Quando in un edificio sono presenti almeno due proprietari di unità immobiliari distinte, il condominio viene automaticamente costituito.
La costituzione del condominio avviene ogni volta che in un edificio ci sono almeno due proprietari e due unità immobiliari distinte. Il che vuol dire che per stabilire un condominio non è necessario alcun atto formale.
Gli obblighi previsti dalla legge scattano nel momento in cui vengono superate certe soglie dimensionali, e riguardano nello specifico la nomina dell’amministratore e la predisposizione di un regolamento.
Quanti appartamenti ci vogliono per fare un condominio?
Un immobile non è condominio se la proprietà di tutto lo stabile è di un unico soggetto.
Ad esempio, uno stabile (un fabbricato, immobile, edificio o palazzo che dir si voglia) di 20 piani, nel quale si trovano 100 unità immobiliari diverse (tra appartamenti, garage, negozi, cantine e via dicendo) ma che appartiene ad un solo soggetto proprietario non è un condominio.
Se l’unico soggetto proprietario defunge, gli eredi restano comunque unico soggetto anche se sono in tanti (sono comproprietari) e quindi ancora niente condominio. Se, invece, anche una sola delle 100 unità viene venduta, ad esempio una cantina con minimo valore millesimale, quell’immobile diventa condominio.
La villetta di due appartamenti con due proprietari diversi è un condominio.
Cosa si intende per condominio?
Possiamo definire condominio:
“Un ente o soggetto che ha competenza esclusivamente sulla comproprietà di parti ed impianti comuni dell’edificio. I diritti/doveri su dette parti comuni sono in misura proporzionale ai rispettivi millesimi di proprietà di ciascun comproprietario”.
Approfondiamo un attimo.
Le parti comuni, così come gli impianti comuni, sono quelli elencati nell’articolo 1117 del Codice Civile: tetto, facciate, fondazioni, luce scale, riscaldamento e impianto acqua, fino alle diramazioni nelle singole proprietà e così via.
La comproprietà delle parti comuni è teorica e non pratica: non è possibile recintare un pezzo di pianerottolo perché “è anche mio e ci faccio quello che voglio”, non funziona così. E ricordo che la comproprietà delle parti comuni c’è solo se nell’edificio ci sono più proprietari di diverse unità immobiliari. Altrimenti, come abbiamo già detto all’inizio, un immobile non è condominio se la proprietà di tutto l’immobile è di un unico soggetto.
Non esiste quindi un obbligo formale di costituire il condominio perché, come abbiamo prima specificato, il condominio diventa tale col primo frazionamento della originaria ed unica proprietà.
Per questo motivo l’ente condominio si interessa, gestisce, ha competenza esclusivamente su parti e impianti comuni di uno stabile!
E a questo punto, chiarita la genesi del condominio, non possiamo non fare riferimento al Regolamento di condominio.
Regolamento di condominio
Per i comportamenti all’interno di una singola proprietà, gli altri condomini comproprietari o inquilini generici (sono quelli ai quali un proprietario dà in locazione o in occupazione temporanea o in comodato d’uso la propria abitazione o box eccetera) ed in egual misura l’Amministratore, non hanno alcun diritto di intervenire per limitarne l’utilizzo (ufficio si/ufficio no, studio medico …).
Lo stresso vale per i comportamenti all’interno dell’abitazione (spostare mobili a qualsiasi ora del giorno e della notte, idem per l’uso della lavatrice vecchia che fa un rumore infernale quando centrifuga, apparecchi radiotelevisivi e simili ad alto volume e via dicendo).
Salvo per norme particolari inserite nel Regolamento Condominiale (contrattuale o assembleare che sia) che comunque devono essere fatte valere e non sono automatiche. Ad esempio la richiesta all’Amministratore di dare 200 euro di multa al condominio che ha fatto una festa fino alle due di notte disturbando tutti perché lo “prevede il regolamento“.
Ma allora, ci si potrebbe chiedere, non c’è soluzione alla protervia, all’arroganza, al “chi se ne frega del condominio io faccio il comodo mio” del prepotente di turno?
Le soluzioni ci sono, ma è bene precisare subito che tutte sono di difficile applicazione se non c’è educazione, rispetto per il prossimo, intelligenza nel valutare ciascuno le conseguenze delle proprie azioni sugli altri residenti nel condominio e buona volontà nel risolvere i problemi.
Dicevamo che le soluzioni ci sono, certamente ci aiutano:
- le Leggi dello Stato (che tutelano la pace e tranquillità dei cittadini anche se in maniera generica);
- i regolamenti del Comune (che magari entrano un po’ meglio nel dettaglio dei comportamenti da tenere);
- e il tanto agognato Regolamento di condominio (obbligatorio quando i condomini sono oltre 10)
(ma se non c’è non ci sono sanzioni e normalmente nessuno lo richiede se non ci sono problemi) ma da predisporre e fare approvare immediatamente, appunto, quando nuovi arrivati in un condominio hanno comportamenti, diciamo, non propriamente corretti.
Ma attenzione: eventuali norme del Regolamento di condominio, che, è bene ricordare, non possono assolutamente contenere norme limitative dei diritti dei singoli condomini.
Le norme devono essere fatte valere e in caso non fosse sufficiente un intervento dell’Amministratore o una raccomandata, in casi estremi viene convocata un’assemblea condominiale per discutere su comportamenti ritenuti non rispondenti ai dettati delle norme in vigore.
È necessario dimostrare inconfutabilmente che certe norme sono state violate. Il rumore eccessivo va provato con prove specifiche che accertino il superamento della normale tollerabilità. La parete delle scale sporcata dalla bicicletta del bambino va provata con testimonianze giurate … In pratica è necessario fare intervenire la Magistratura. Ma qui si apre un capitolo complesso che affronteremo in futuro.
Quanti tipi di condominio esistono?
Possiamo sbizzarrirci. Sentiamo parlare ad esempio di condominio minimo: ma allora esistono anche il medio e il massimo.
E qual’è il numero di confine tra le varie tipologie?
Un condominio con due unità immobiliari certamente può definirsi minimo (meno di così!), ma con tre o quattro unità come lo definiamo?
E con venti o trenta unità lo definiamo medio o grande?
Mettiamola così: un condominio è tale se ha due e più unità immobiliari.
Questo perché un condominio ha delle norme precise da rispettare, uguali per tutte le tipologie, indipendentemente dal numero di unità immobiliari. E voglio ancora ricordare che è improprio parlare di unità immobiliari ma di almeno due differenti proprietari all’interno del nostro condominio.
Si può gestire un condominio senza amministratore?
Ne abbiamo parlato in un precedente articolo (se vuoi approfondire leggilo qui).
Certo che si può, sempre che i condomini tra loro vadano d’amore e d’accordo (normalmente per risparmiare sulle spese lo fanno). E ammesso che un cireneo si prenda la cura di:
- suddividere le spese della bolletta della luce;
- del pulitore delle scale;
- magari della polizza assicurativa e di altre spese;
- di raccogliere gli importi dai vari condomini.
I problemi nascono con le responsabilità di carattere sia civile che penale.
Gli amministratori professionisti per la responsabilità civile si tutelano ampiamente le spalle con coperture assicurative importanti.
A tutela anche, e in particolare, dei condomini che amministrano e che quindi non saranno mai chiamati a coprire costi per eventuali errori dell’Amministratore (in particolare negli ultimi anni per errori negli adempimenti fiscali).
È per questo motivo che consiglio sempre, nella richiesta di preventivi, di pretendere copia della polizza professionale dell’Amministratore con massimali e garanzie coperte oltre che conoscere l’onorario annuo.
Il problema è la responsabilità penale dell’Amministratore per qualsiasi evento perseguibile penalmente collegato col suo mandato nell’ambito del condominio. Per questa responsabilità non esiste polizza di alcun tipo a copertura. Se l’impianto elettrico non è a norma e crea “problemi” è colpa dell’Amministratore, se cade una tegola è colpa dell’Amministratore. Qui mi fermo: non è necessario approfondire un argomento fin troppo chiaro.